Contestualismo funzionale

Riteniamo il contestualismo funzionale una prospettiva particolarmente utile per comprendere le sfide attuali nel trattamento di bambini e di adolescenti in difficoltà, per programmare percorsi finalizzati alla promozione di uno sviluppo più armonico e adattivo e contemporaneamente aumentare le competenze dei genitori per fronteggiare in maniera più efficace la difficile relazione con i propri figli.
Il contestualismo può essere definito come "una visione del mondo in cui ciascun evento è interpretato come un’azione in corso, inseparabile dal suo contesto attuale e storico" (Fox, 2006). Secondo questa prospettiva epistemologica l’organismo non è, ma diviene attraverso una costante interazione con il contesto che attribuisce, aggiunge, o toglie valenza, funzione e significato agli stimoli specifici dell’ambiente (Moderato & Ziino, 1995). Per comprendere questa visione è indispensabile, assieme alla metafora radice dell’"azione nel contesto", tenere presente il criterio di verità di un approccio contestualista, che è pragmatico e funzionale all’obiettivo. Questo significa che un’analisi è valida o vera se “funziona”, ovvero include e mette in relazione caratteristiche del contesto sufficienti e utili a raggiungere l’obiettivo (Biglan & Hayes, 1996; Gifford & Hayes, 1999).
Espressioni del contestualismo all’interno delle scienze del comportamento umano sono l’analisi del comportamento, la scienza che si è sviluppata grazie all’impulso dato dalle ricerche e dagli scritti teorici di Skinner (1953), e l’intercomportamentismo di Kantor (1959), che vede l’individuo nella sua progressiva evoluzione determinata dalla continua interazione con l’ambiente, che ne influenza a sua volta la struttura e la funzione. L’eredità di questi autori ha portato in anni più recenti allo sviluppo di una moderna teoria del linguaggio umano con solide basi scientifiche, la Relational Frame Theory (Hayes, Barnes-Holmes, & Roche, 2001), su cui si basa il modello di funzionamento psicologico e terapeutico dell’Acceptance and Commitment Therapy (Hayes, Stroshal, & Wilson, 2011), terapia cognitivo-comportamentale di terza generazione.
Da un punto di vista evolutivo, i modelli di sviluppo di riferimento sono quelli di Bijou (1997) e di Novak (1999), per i quali lo sviluppo viene visto come un cambiamento progressivo nelle interazioni fra il comportamento di un individuo e le persone, gli oggetti e gli eventi del suo ambiente; l’interazione è continua e, in più, reciproca e interdipendente; lo sviluppo è caratterizzato da un ampio numero di fattori e non può essere inteso come un processo lineare. Se consideriamo i comportamenti problematici come uno dei possibili esiti di una traiettoria evolutiva è chiaro come, in questo tipo di visione, il lavoro dello psicoterapeuta dell’età evolutiva sia rivolto non tanto al problema del bambino in sé, quanto all’interazione fra il bambino e i suoi sistemi in continua evoluzione.
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Figura. Elementi e direzioni dell’interazione in un’approccio terapeutico contestualista-funzionale
Il nostro gruppo di lavoro abbraccia dunque l’idea centrale del contestualismo che il cambiamento può essere possibile se avviene nelle interazioni tra individuo e ambiente e tra individuo ed individuo, e soprattutto se viene promosso nei differenti contesti in cui le persone vivono la loro esistenza. Consideriamo ogni bambino una persona unica e irripetibile, che per le sue caratteristiche individuali elicita negli altri (genitori, insegnanti, coetanei) reazioni differenti, che a loro volta diventano feedback per il comportamento del bambino. Per questo i nostri percorsi, a partire dall’assessment, attraverso la formulazione del caso, fino alla realizzazione dell’intervento, si fondano sull’unicità dell’individuo, la reciprocità delle interazioni e il coinvolgimento nei e dei contesti di vita (scuola, famiglia, comunità).